Anche Loazzolo appartenne ad Aleramo - il mitico capostipite della marca che si estendeva per gran parte del Basso Piemonte - e fu dato in eredità a uno dei suoi figli. Di qui, di generazione in generazione, fu infeudato a Bonifacio del Vasto, poi ai Del Carretto, infine a Guglielmo di Busca. Le poche notizie storiche disponibili vengono desunte da alcuni documenti del Codex Astensis e sono relative ad atti di dedizione al comune di Asti da parte degli uomini di Loazzolo, dipendenti dai signori di Canelli, stipulati nel 1217 e rinnovati nel 1274, anno in cui il 4 di ottobre avvenne la reale presa di possesso del castello.
Gli Astigiani erano particolarmente interessati a garantirsi un accesso sicuro al mare, per permettere ai loro mercanti di trafficare indisturbati senza pagare pedaggi ad Acqui o ai signori delle Alte Langhe, soprattutto dopo che Bonifacio di Ponti, forte del dominio esercitato su Roccaverano, impose uno stretto controllo sulle grandi vie di comunicazione che passavano nel suo territorio. Il castrum di Loazzolo serviva proprio allo scopo di difendere e proteggere la via - secondaria ma vitale - che scendeva in valle Bormida e poi risaliva sulla Langa di San Giorgio per scendere nuovamente a Spigno. Come d'usanza, il Comune di Asti diede Loazzolo in feudo a nobili locali, per la precisione Bonifacio Cornellario, Nicolotto Greco, Enrico di Guglielmo e Sismondo Alberto di Camo, mentre contemporaneamente i signori di Canelli e di Calamandrana, a conferma dell'interesse strategico del percorso collinare, si impegnavano a mettere a disposizione della difesa del borgo 10 soldati, dietro ricompensa di 800 lire.
La piccola comunità seppe svilupparsi e acquistò anche un certo prestigio locale, ad opera soprattutto di Bartolomeo Genarro, procuratore generale della signora Tiburzia Fieschi, moglie di Alberto Del Carretto. Fu lui a rappresentare la nobildonna il 18 febbraio 1300, all'atto della vendita di Vesime a Bonomo Asinari. Intanto si era sviluppato il castello, che raggiunse dimensioni considerevoli, almeno stando alla miniatura del Codex Astensis che lo raffigura. Il prezioso disegno data al 1355, anno in cui l'imperatore Carlo IV di Lussemburgo confermava l'investitura a Giovanni di Monferrato di molti feudi tra cui anche Loazzolo. Nel 1530 l'imperatore Carlo V lo infeudò invece agli Scarampi.
Il castello fu abbattuto nel secolo XV. Sorgeva alla sommità della collina, a monte dell'attuale paese. Da alcuni testi di storici locali si deduce che agli inizi del Novecento c'era ancora qualche resto 'visibile da lontano per la sua torre mozza, avanzo di un diruto castello che fu dei Galvagno di Bubbio'. Oggi rimane solo una parte del muro perimetrale che non rende ragione della complessità e della posizione strategica di un edificio da cui era possibile ricevere o inviare segnalazioni a Vengore, Roccaverano, San Giorgio, Perletto, Monastero, Bubbio.
Nel 1703 Loazzolo passò sotto il dominio della casa Savoia che lo eresse in Marchesato a favore dei Cacherano Crivelli Scarampi dai quali passò poi ai Cavoretto di Belvedere. Da questo periodo il villaggio seguì le vicende piemontesi, partecipando prima alla guerra contro Napoleone e poi alla costruzione dell'Unità d'Italia.
Intorno alla metà del secolo scorso Loazzolo contava 881 abitanti, il suo territorio era prevalentemente ricoperto da boschi di castagni, pini, noci, olmi, pioppi, querce. Nel 1951 c'erano 916 abitanti, mentre la crisi demografica del secondo dopoguerra ha portato la popolazione attuale a poco più di 350 unità.
C'è una frazione importante nella valle, detta Quartino, con bar e distributore di carburante, oltre che fermata del pullman di linea lungo la provinciale che collega Bistagno a Cortemilia. Loazzolo ha sempre sottolineato la propria presenza anche nel fondovalle, al punto che nel 1852-1856 fu l'unico paese d'altura a concorrere a una spesa cospicua per la costruzione e la sistemazione dello 'stradone' tuttora esistente.
L'archeologia rivela a Loazzolo episodi inattesi. Il centro fortificato, fino al XIII secolo, non si trovava nel luogo attualmente occupato dal borgo, ma era arroccato su un caratteristico sperone roccioso a nord est del concentrico, singolarmente isolato e progressivamente eroso dall'azione congiunta di due piccoli corsi d'acqua. Il luogo si chiama ora Sant'Andrea ed è stato oggetto di una interessante campagna di scavo condotta nel 1994 dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Piemonte.
Diversi tratti murali, che già da vario tempo si scorgevano tra la vegetazione dell'area sommitale del rilievo, erano oggetto di svariate supposizioni circa la presenza di un villaggio antico. Risulta inoltre di particolare interesse, in un documento del 1217, il fatto che esso venisse sottoscritto 'in castro Lovazolijs iuxta turrium', indicando così un preciso elemento topografico.
Nella seconda metà del Duecento tuttavia si parla già di un castrum e di un castrum vetus, un fatto che si può interpretare come indicativo della contemporanea presenza di una nuova struttura fortificata accanto a una più antica. In questo momento si deve verosimilmente riconoscere l'avvenuta creazione del nuovo insediamento, cioè l'attuale paese, e il segnale del progressivo abbandono del precedente.
La ricerca archeologica si è quindi orientata prioritariamente al recupero planimetrico delle strutture visibili e le operazioni di rilevamento, rese non facili dalla vegetazione, hanno permesso l'individuazione di numerosi tratti murari che sembrano descrivere un piccolo villaggio di circa 8500 metri quadrati.